Ordini Cavallereschi Crucesignati

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sabato 13 settembre 2008

I VITALE DI TRECCHINA E DI TORTORA

Il tramonto di una grande dinastia
di Giovanni Celico e Biagio Moliterni

Con decreto del 1692 il feudo di Tortora, in Calabria Citra, fu messo “all’asta” e l’aggiudicazione avvenne, qualche anno dopo, a favore di Diego Vitale, figlio di Giuseppe barone di Trecchina, discendente da uno dei rami di una nobile famiglia di Cava dei Tirreni.
Un antenato, con lo stesso nome, appunto Diego Vitale, colonnello di Carlo V, per aver difeso, nel 1528, la città di Cava dall’assalto delle truppe del Lautrech, aveva ottenuto, con la franchigia delle gabelle, anche il privilegio di inquartare nelle sue armi due aquile imperiali, trasmesso al barone di Trecchina e, da questi, riportato ai successori (affresco esistente nell’androne del Palazzo ducale di Tortora ove risultano ancora riprodotte le insegne di combattimento della famiglia Vitale).
I Vitale
di Tortora, passati all’Ordine Gerosolimitano ed ascritti al Registro dei Cavalieri di Malta di giustizia, ebbero per arma: “d’azzurro alla banda d’oro; al tralcio di vite, pampinoso e fruttifero al naturale movente dalla punta, con aquila, sinistrato da un braccio di carnagione”, poi coperto d’ ermellino, “con in mano due ali indicanti tre stelle di oro ordinate e addestrato da un’aquila bicipite con le ali di nero spiegate” e, anche per vincoli matrimoniali, furono imparentati con i Grisone, i Caracciolo, i Grimaldi, i Seripando, i Iovine del Duca di S. Angelo, i Fasanella, i Gagliardi di Bovino, gli Altimari, ecc.
Diego Vitale, di cui sopra, scomparve il 16 aprile del 1728 e gli successe, nel possesso dei feudi calabro-lucani, essendo premorto il primogenito Nicolò, marito di Caterina Altomare, il nipote Giuseppe di Nicola, al quale, deceduto nel 1731, subentrò il fratello Alessandro Maria.
Nicolò ed il fratello Aniello Vitale, entrambi mancati giovanissimi, furono, in linea con una antica tradizione di famiglia, “dottissimi giureconsulti”.
Il duca Alessandro Maria Vitale visse, quasi stabilmente, a Tortora ove nacquero, dalla moglie duchessa Giovanna Maria Pescara del Diano dei marchesi del Castelluccio, molti dei suoi figli.
Dopo Alessandro Vitale subentrò, nel possesso delle terre di famiglia, Francesco Nicola, secondo duca e primo marchese di Tortora dal 1782, che impalmò Evarista Giudice di Domenico, cavaliere napoletano del seggio di Nido, e, a Francesco Nicola, per successione, Alessandro.
Alessandro Vitale nacque a Napoli il 22 maggio 1772 e fu educato nel Collegio dei nobili, fondato dal Marchese Giovan Battista Manso, sotto la direzione dei Padri Somaschi.
Diligente nello studio delle lingue e della poesia, dopo il collegio, approfondì le scienze filosofiche e, infine, si applicò alla giurisprudenza: terminato il corso, intraprese la carriera del foro criminale, sotto la direzione del celebre avvocato dell’epoca Giuseppe Raffaelli.
Nel 1796 vestì l’abito di cavaliere di Malta e, nel corso degli avvenimenti del 1799, fu ricercato, ferito e cacciato in “orrida prigione”: ottenuta la libertà andò esule in Italia ed in Francia, da dove ritornò nel 1805.
Nell’esercizio della professione difese, con felice esito, diversi “rei politici” e, nel marzo 1806, fu nominato Commissario di Polizia del Quartiere di S. Lorenzo a Napoli, e, nel 1807, scelto come Socio ordinario di storia ed antichità dall’Accademia Ercolanese.
A novembre 1808 fu eletto giudice della Gran Corte Criminale di Teramo, ma, avendovi rinunciato, fu trasferito ad Avellino e, nel 1814, fu richiamato all’esercizio della giurisdizione proprio nella Gran Corte Criminale di Napoli.
Nel 1791 diede alle stampe, a Napoli, un libretto intitolato “Rime e prose in onore di Ferdinado I, e Maria Carolina d’Austria Sovrani delle due Sicilie”, con varie poesie italiane, una elegìa latina ed un discorso con riflessioni sopra alcuni principali articoli della legislazione di S. Leucio, emanata da re Ferdinando.
In successione, produsse “Le lettere eroiche di Ovidio tradotte in versi italiani”, in due volumi, pubblicati a Napoli nel 1807, e “I libri cinque de’ Tristi di Ovidio similmente tradotti in versi Italiani”, in due volumi, che videro la luce nel 1818.
Altre sue opere, purtroppo, sono rimaste inedite.
Dal 1820 incominciò a “soffrire un’alienazione mentale” che indebolì, progressivamente, le sue “ facoltà intellettuali”.
Dai medici gli fu consigliato di respirare l’aria di Posillipo, ma, dopo il trasferimento in quella amena località, invece di migliorare, perse del tutto il ben dell’intelletto, tanto che, in un momento di grande sconforto, si lanciò da una finestra e morì il 25 aprile 1821: con lui, di fatto, si estinse quella nobile schiatta dei feudatari di Trecchina e Tortora.
Alessandro Vitale aveva portato all’altare Carmela Bonito, di famiglia nobile del seggio di Nido, ricevuta nel S.M.O. di Malta nel 1577, che, dopo la morte appunto del marito, convolò in seconde nozze con Ferdinando de Vargas Machuca secondogenito di Tommaso.
Carmela Bonito, a ricordo della prima unione, fece scolpire, nel marmo, una iscrizione, sormontata da un Medaglione con l’effigie, un mezzo busto, dell’estinto sposo, posta nella Chiesa di S. Maria della Grazie de’ PP. del B. Pietro da Pisa in Napoli, vicino all’Ospedale degli Incurabili, in una cappella di padronato della famiglia Altimari (1).
La lapide fu collocata nella quarta cappella di sinistra della chiesa di Santa Maria della Grazie a Caponapoli, presso via Foria (attualmente in restauro, essendo stata depredata negli anni del dopo-terremoto di molti dei suoi capolavori).
La cappella, originariamente della famiglia Altimari, come dimostra lo stemma scolpito sull'arco d' ingresso, aveva sull'altare una Crocifissione di Giovan Bernardo Lama e, alle due pareti, le tombe dei personaggi illustri di questa stirpe: a destra, il monumento funebre di Donato Antonio Altimari (1562) presentava il busto del defunto sull'urna e una decorazione a grottesche con simboli delle scienze (Donato Antonio era medico e filosofo), e, a sinistra, i monumenti di Tommaso e Biagio Altimari (1696), con i busti dei due magistrati vestiti con la toga.
In mezzo a questi ultimi fu collocata, ma non si sa se esiste ancora, per l’appunto, la lapide di Alessandro Vitale, ritratto con il viso severo, fronte alta, vestito da magistrato: la “toga, à nel cappotto avvolte le spalle, la goliera sotto al mento, e pendegli a sinistra la croce di Malta, di cui era insignito. Gli è sopraccapo l’arme di sua famiglia, sormontata da corona ducale e lo scudo diagonalmente diviso da una fascia: nel campo superiore, avvi a sinistra un braccio steso, la di cui mano con l’indice dito, e col medio mostra tre stelle che sono in alto: in quello inferiore vedesi un’aquila a due teste, seduta con le ali spiegate”.

D. O. M.
MORTALIA * HEIC * CONDVNTVR * VINCVLA
QUIBVS * SOLVTVS * EST * ALEXANDER * VITALE
PATRICIVS * NEAP * DVX * TVRTVRAE
VTILIS * TREQVINAE * DOMINVS * EQUES * HIEROSOL.
VIRTVTE * PRVDENTIA * MAGNANIMITATE * SPECTANTISSIMVS
QVI * TANTA * ALACRITATE * TVM INGENVAS * ARTES
MVSASQUE * INPRIMIS * ITALAS * EXCOLVIT
TVM * JVRISPRVDENTIAE * ADYTA
A * PRIMA * JVVENTA PENETRAVIT
VT * IN * REGIA * SOCIETATE * BORBONICA
INTER * ACADEMICOS * HERCVLANENSES
ET * IN * NEAP.* CVRIA * INTER * JVDICES * CAPITALES
MERITO * FVERIT * ADLECTVS
HVIC * FATO * EHEV * NIMIS * ACERBO * EREPTO
CARMELA * BONITO * EX * PRINCIPIBVS * CASAPESENNAE
CONJVX.* INCONSOLABILIS * AETERNVM * MOERENS
LAPIDEM * DOLORIS * TESTEM * P. C.
DENATVS * EST * ANNOS * NATVS * IL
VII KAL. MAII * AN. * MDCCCXXI.

Questa iscrizione riporta che il duca di Tortora era patrizio napoletano, anche se la sua famiglia non era stata mai aggregata tra le patrizie di quella città.
Nel 1834 Carmela Bonito, per provare i sui diritti sulla cappella, fece incidere la seguente leggenda sulla parete sinistra, al di sopra della iscrizione prima trascritta:
SACELLUM HOC PRIMUM ALEXANDER VITALE
TURTURAE DUX E VETUSTA STIRPE ALTIMARO HAEREDITARIO JURE
ACCEPIT DEINDE UXOR CARMELA BONITO E CASAPESENNAE
PRINCIPIBUS PORTUS COMITISSA EX VIRI
TESTAMENTO EST ADEPTA CUJUS REI NE MEMORIAM INTERCIDERET
LAPIDEM POSUIT ANNO CICICCCCXXXIV (attenzione: Per C si intende la C con l’apertura rivolta verso il lato opposto)


(1)-Carlo Antonio de Rosa Marchese di Villarosa, Notizie di alcuni cavalieri del sacro Ordine gerosolimitano illustri per lettere e per belle arti, Napoli 1841, pp. 545 e 546; Giuseppe Castaldi, Della Regale Accademia Ercolanese, Napoli? 1840, pp. 248-25; Carlo Padiglione, Memorie storiche artistiche del Tempio di S. Maria delle Grazie Maggiore a Capo Napoli con cenni biografici di alcuni Illustri che vi furono sepolti, Napoli 1855, pp. 93-96; Giovanni Celico, Tortora e terre vicine, Editur Calabria, 1998; M. Battaglini, Il monitore napoletano 1799, Guida Editore, Na, nella nota n. 2 si citano alcune “allocuzioni”, tra le quali vi è quella del “cittadino Alessandro Vitale” dal titolo “Alla Repubblica Napoletana”; C. Colletta, Proclami e sanzioni della Repubblica Napoletana, Na, 1863, p. 59, ove è riportato il seguente proclama: “Libertà-Uguaglianza – Municipalità Provvisoria – Comitato Militare” e a p. 61 nell’elenco dei militari figura, dopo Pietro Paolo Perrelli, tra i soldati della 4ª Compagnia anche Alessandro Vitale.

CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE A NAPOLI




La quarta cappella della chiesa di S. Maria delle Grazie ove riposavano gli Altimari e Alessandro Vitale

4 commenti:

santolina ha detto...
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Anonimo ha detto...
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